Una terra senza alcuna frontiera
Dopo tre giorni ininterrotti di viaggio, ecco scorgere la destinazione. Il treno è partito da Lecce, carico di buone speranze e propositi. Il torrido caldo delle prime ore ha prepotentemente lasciato il posto al plumbeo cielo e alla pioggia autunnale. Nella notte, a Gorizia, si dorme in sessanta per terra, in una piccola aula di un convento, rannicchiati nel sacco a pelo, come un puzzle coloratissimo. Poi, Sarajevo. Le distese deserte ipotizzate prima del viaggio sono al contrario, immensi quadri colorati da un verde acceso e dalle sue raggianti sfumature. Le frontiere rappresentano un blocco non solo logistico ma anche culturale. Non è facile abituare “l’altro” alla presenza di un gruppo di “stranieri”, ma questo è l’obiettivo. La lingua non deve rappresentare un ostacolo e l’inglese diviene l’elemento unificante fra i gruppi. Non solo l’inglese ma anche la voglia di confrontarsi e riflettere sui bisogni più intimi dei protagonisti di ogni giorno: necessità di nutrimento, di cura, di attenzione e relazione.
Balkankan è stato un campo di volontariato estivo che ha coinvolto quaranta ragazzi provenienti dal Piemonte e dalla Puglia, svolto contemporaneamente nelle città di Vranje (Serbia) e Gnjilane (Kosovo). Teatro, cucina, danza, laboratori creativi e momenti di discussione guidata da vari educatori, questi gli strumenti tramite i quali i due gruppi hanno scandito le loro giornate, in peparazione della simulazione di un vero processo incentrato sulla disputa di proprietà terriere a seguito del conflitto serbo-kosovaro. Il progetto si è avvalso della collaborazione di alcune ONG, Organizzazione Non Governativa, serbe e kosovare che hanno supportato il gruppo di progettazione di Terra del Fuoco, F.l.a.r.e (Network di associazioni europee legate dal contrasto al crimine organizzato a livello internazionale) e dalla Croce Rossa Italiana che ha offerto un servizio di censimento in alcuni campi rom della città di Vranje.
–“Questo è stato un momento che conserverò come uno dei più coinvolgenti e motivanti di un intero percorso di vita, perché mi ha restituito la possibilità di offrire un nulla, quel nulla che si tiene stretto in una busta di caramelle che si dona a un bambino, avendo in cambio la bellezza di una comunità che ti accoglie, nella sua differenza di fondo e ti chiede se il giorno dopo ritornerai”-così ricorda Roberta Nutricato, responsabile organizzazione Terra del Fuoco.
L’obiettivo ultimo del progetto è stato quello di far incontrare i ragazzi serbi e kosovari, puntando a ricreare delle occasioni di confronto e scambio, al di là delle sanguinarie predisposizioni del comando umano, pronto ad annientare i principi basilari di un vivere comune. E’ sufficiente guardarsi negli occhi e comprendere che si può riuscire a mescolare il colore dell’amicizia con quello del rispetto delle proprie radici.