Una Italia a
Sulle pagine de L’Espresso, Roberto Saviano nel suo L’antitaliano, racconta di alcuni perché.
“ Io credo che lo scrittore sia tante cose, abbia mille volti, inclinazioni, desideri, urgenze.
Non debba cambiare il suo mondo qui e ora. Il lavoro dello scrittore è lento. Credo che in maniera paziente debba scavare, guadagnarsi un diritto di cittadinanza”.
L’autore di Gomorra evidenza il fatto che la sua “missione” nel raccontare le storie di chi ha corrotto le democrazie a migliaia di chilometri da noi, nonostante ai più sembri un modo per eludere quelle che sono considerate le priorità del momento, è al contrario una scelta.
“Un omicidio in Messico cambia la quotidianità a Berlino. La scelta di un boss russo, cambia il futuro di un’azienda a Roma. Un governo che stenta a formarsi, un’Europa minacciata dall’ennesima voragine economica tutto questo apre agli affari criminali piste privilegiate di penetrazione”.
Scrivere di terre condannate non è inutile. La letteratura diventa politica, ma non si sostituisce ad essa.
“… chiamare tutto con il proprio nome, anche quando sai che potresti inventarne tanti e altri, per non avere guai, per non dover verificare ogni singola parola. Ma perché inventare? La realtà è tanto più incredibile di ogni finzione e riesce a creare mondi che l’immaginazione considererebbe improbabili”.
Come non essere d’accordo quando si dice che la fantasia sia molto meno entusiasmante e iperbolica rispetto ad una quotidianità che porta a toccare il punto più basso dall’Istituzione, nel giorno in cui Giulio Terzi di Sant’Agata decide le sue dimissioni, tradisce la parola data e annuncia che i Marò non sarebbero tornati in India. Diplomazia, questa sconosciuta.
Siamo così miopi e disinteressati da accecarci per il verde perfetto dell’erba del vicino, ma pronti a chiudere le porte con lucchetti e catenacci e rientrare nel nostro ovattato mondo quando osservare ci farebbe troppo male.
Siamo pronti a serrare gli occhi, coprire gli orecchi, stringere le labbra pur di non vedere, sentire e parlare delle storie di altri che, in fondo, sono le nostre.
Siamo pronti a minimizzare la sostanza e pesantezza di alcuni problemi, ritenendoli estremamente lontani da noi. Eppure, a pensarci bene, “ fa uso di cocaina chi ti è più vicino. Se non è tuo padre o tua madre, se non è tuo fratello, allora è tuo figlio. Se non è tuo figlio, è il tuo capoufficio… se non è lui, è l’infermiere che sta cambiando il catetere di tuo nonno e la coca le fa sembrare tutto più leggero, persino le notti. Il sindaco da cui sei andato a cena. Il costruttore della casa in cui vivi, lo scrittore che legge prima di dormire…”.
Lo scrive Saviano nel suo nuovo libro “ZERO ZERO ZERO”, edito da Feltrinelli.
Parla di un mercato che non conosce crisi. Parla di investimenti finanziari più fruttuosi al mondo. Parla di milioni di persone che lavorano in questo mercato, quello della cocaina.
Il confronto costante tra ciò che accade a noi con quello che accade agli altri e nel resto del mondo dovrebbe essere naturale. Nessun uomo è un’isola. Ciascun settore che riguardi il pubblico e il privato, la società politica e civile, è interconnesso. Ogni anello di una lunga catena è strettamente legato a noi. Noi stessi ne facciamo parte. Insomma, noi di Up!ilMagazine consigliamo il nuovo libro di Saviano, per uscire dalla solita miopia italiana o, quantomeno, disporre di alcune informazioni utili.