Un diritto di nome Bambino
Il 20 novembre è la Giornata internazionale della Convenzione sui diritti del fanciullo.
Perchè questa data? il 20 novembre del 1989 è stata approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, dopo un lungo percorso iniziato nei primi anni del’900. E’ infatti il 1924 l’anno simbolo di questo lungo iter, in quanto la Società delle Nazioni approvò la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo. Nel 1950 si iniziò a fornire le prime impalcature di quella che, nel 1959, l’umanità riconosce come la nuova Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, nella quale rilievo è attribuito al ruolo della famiglia e della società. Ma solo nel 1989 si giunse finalmente a sancire, in maniera giudicamene vincolante, il riconoscimento e la protezione dei diritti del bambino, grazie ad un progetto elaborato dal gruppo di lavoro ad hoc nell’ambito della Commissione sui diritti umani che ne aveva intrapreso lo studio sin dal 1978. Il fanciullo è ogni essere umano avente un’età inferiore ai 18 anni, salvo che abbia raggiunto prima la maggiore età in virtù della legislazione applicabile.
Gli sono stati riconosciuti alcuni diritti peculiari e propri della sua personalità, quali il diritto al gioco, allo svago, al riposo, il diritto a mantenere relazioni con entrambi i genitori, diritto all’istruzione, alla sicurezza sociale. Si attua il passaggio dal concetto di “protezione” dell’infanzia a quello di riconoscimento di “diritti propri del fanciullo”. Così quella “cultura” in grado di partorire strumenti di tutela universalmente riconosciuti è la stessa demonizzata e attaccata per essere sempre alla ricerca della vittoria, in guerra e in pace, in ogni campo dell’esistenza, fregiandosi della bandiera della pace e indossando caschi blu. Basterebbe leggere il bilancio fornito dalle Organizzazioni Umanitarie internazionali, in cui si parla di oltre 120mila bambini soldato africani sparsi per le zone dell’Angola, Burundi, Congo, Eritrea, Etiopia, Liberia, Ruanda, Sudan, Somalia. Nel mondo circa 300mila minori sono impegnati direttamente nelle guerre in 41 paesi e diverse altre centinaia di migliaia sono arruolate in forze armate regolari. L’arruolamento dei piccoli è la logica conseguenza di una serie di conflitti interminabili che insanguinano i paesi in via di sviluppo, in quanto, l’elevata mortalità dei combattenti di guerre infinite richiede sempre nuovi soldati. In alcuni paesi europei l’addestramento militare inizia addirittura in età infantile. Un esempio emblematico viene dal Regno Unito dove sono stati costituiti i Sea Cadetes (cadetti del mare), gli Army Cadetes (cadetti dell’esercito) e gli Air Cadetes (cadetti dell’aria) che ammettono l’iscrizione di preadolescenti di ambo i sessi per promuovere la disciplina e il patriottismo.
Anche in Svezia, pur non contemplando il reclutamento di minori, le forze armate organizzano forme di addestramento volontario a partire dai quindici anni.
Negli Stati Uniti, invece, al fine di promuovere l’arruolamento nelle forze armate, si svolgono corsi paramilitari nelle scuole, interessando un vasto settore della popolazione adolescenziale.
Secondo il filosofo Luigi Alfieri, i diritti umani richiedono uno sguardo libero, che varca gli orizzonti e richiedono la capacità del sogno e della speranza. E chi, meglio dei bambini, potrebbe godere di tali requisiti? Nel 2001, su raccomandazione del Comitato per i diritti dell’infanzia, l’Assemblea Generale Onu, con la risoluzione n. 56/138, ha richiesto al Segretario Generale di condurre uno studio analitico sul problema della violenza sui bambini e di rivolgere raccomandazioni agli Stati membri, affinché attuino un piano d’azione adeguato.
Sebbene sia proibito dalla Convenzione Internazionale sui Diritti civili e politici e dalla Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, in alcuni paesi è ancora in vigore la pena di morte per i crimini commessi dai minori di 18 anni. Attualmente in almeno 31 paesi è consentito condannare i bambini a pene corporali che possono includere la fustigazione, la bastonatura, la lapidazione o l’amputazione.
I paesi che hanno ratificato la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia sono 192; anche i Protocolli Opzionali alla Convenzione, sia quello relativo alla vendita di bambini, la prostituzione di bambini e la pornografia rappresentante bambini, che quello concernente il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati, sono stati ratificati da un ampio numero di nazioni.
Dall’entrata in vigore della Convenzione, sono stati adottati e applicati con un numero considerevole di ratifiche anche altri strumenti altrettanto importanti. Ma sono ancora pochissimi i paesi ad aver portato avanti un processo riformatore di tutto l’assetto legislativo, in modo da poter affrontare il problema più efficacemente, mentre l’applicazione delle leggi, anche quelle appositamente modificate, rappresenta ancora una sfida.
Una sfida persino l’uguaglianza di informazione e gestione delle notizie sui bambini vittime di violenza in tutte le sue declinazioni. Un bambino africano è appunto un bambino al pari di un israeliano o palestinese. Per non parlare di quello che accade al di là del nostro mare Adriatico. A raccontarcelo, la mostra fotografica di Giuseppina Pica in Kossovo: Somewhere [continua a leggere…].