Tradizioni e Cultura Ci Aiutano A Scoprire Il Salento
Sembrano cartoline in bianco e nero. Immagini di vita che riaffiorano senza preavviso. E le parole appaiono un po’ bugiarde, quasi un alito di vento per cullare i ricordi. Basta poco per sentire il profumo della tradizione. È sufficiente un tozzo di pane per rievocare la storia. Quante volte le abbiamo viste in piedi davanti al tavolo infarinato. Capelli raccolti ed occhi esperti quelli delle donne di famiglia. Come merlettaie con cura preparavano al centro del piano da lavoro un vulcano che eruttava acqua e farina. Le mani nell’impasto raccontavano di saperi contadini, di tradizioni tramandate da gesti uguali da sempre, simili a certezze ancestrali legate ai fili della storia di ogni luogo. Avvicinarsi alla cultura di un luogo significa calarsi completamente in ciò che costituisce la sua identità. E conoscere un territorio significa non solo conoscere la sua storia, le sue tradizioni, ma anche la sua cucina e i suoi piatti tipici.
E il Salento vanta un cospicuo numero di prodotti tipici: il rustico leccese, il pasticciotto, il dolcetto della sposa, l’africano, le patate sieglinde di Galatina, la conserva piccante di peperoni, il fruttone. Solo per citarne alcuni. I prodotti che hanno, a vari livelli, un forte legame con il territorio di origine, sono considerati una rilevante categoria di interesse fra le migliaia di specialità alimentari che affollano quotidianamente mense collettive e tavole private. Sono frutto del grande patrimonio culturale del territorio e si contraddistinguono per la forte specializzazione delle materie prime e delle tecniche di trasformazione. La loro caratteristica risiede nella tradizionalità, documentata partendo dai metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura, nonché da usi locali, uniformi e costanti.
È bene specificare che spesso quando si parla di “Salento” impropriamente si circoscrive il territorio alla sola provincia di Lecce. La vasta area, invece, si estende fino a comprendere la parte centro-meridionale della provincia di Brindisi e quella orientale della provincia di Taranto. Il Salento è una terra antica, generosa e ricca di memorie storiche, di tradizioni e bellezze naturali che richiamano come sirene i turisti.
La provincia di Lecce, dal canto suo, consta di svariate potenzialità che ne fanno zona fertile per un commercio in crescita. Il volano di sviluppo economico che passa dalla preziosa biodiversità delle aree naturali del territorio, all’ampia e variegata offerta turistica, in ogni sua sfaccettatura, ad un sistema imprenditoriale vivace e ad una serie di risorse ambientali e culturali, rende il Salento terra ancora da scoprire.
Un crescente interesse si sta manifestando attorno al Salento come “parco” vista la presenza al suo interno di differenti habitat e paesaggi sociali, nel quale elementi di una società industriale si agganciano a radici rurali; paesaggi dell’innovazione si intersecano e convivono con paesaggi stabili, passando attraverso il paesaggio degli anziani, che caratterizza tutti i suoi centri storici.
Fra le peculiarità di questo lembo di terra, collocato nell’estremo sud d’Italia, emergono le produzioni tipiche e i saperi locali che sono e potranno essere sempre più una leva per l’identità e la coesione di questo territorio. La nozione di know-how sembra associarsi spontaneamente a quella di “prodotto tipico”. In realtà l’espressione tradotta significa, “sapere come produrre qualcosa”, ed indica quindi un’abilità, specifica di un’area territoriale. Il territorio delimita lo spazio nel quale la comunità conserva, attraverso generazioni, le conoscenze e le capacità operative tradizionali, ma anche lo spazio nel quale la comunità le fa proprie, re-inventandole e rivitalizzandole. Il territorio inteso come spazio di appartenenza diventa così un prodotto affettivo, sociale, simbolico a partire dal quale si costruiscono le identità locali retrospettive e prospettive.
Vi è una relazione sinergica tra identità territoriale e know-how locale. Ad avvalorare questa considerazione, si riporta una testimonianza di un imprenditore locale il quale sostiene che: “l’impresa che nasce e si radica sul territorio deve essere riconosciuta come un bene della comunità non solo perchè genera movimento economico ma soprattutto perchè crea aggregazione ed identità nella comunità stessa facendo crescere valori culturali a loro volta portatori di altri idee imprenditoriali sempre più innovative e più forti, capaci di agganciare un territorio ad una economia globale”.
In questi ultimi anni è in crescita l’enogastronomia leccese conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. L’introduzione negli scambi globali dei prodotti locali risponde sia ad una necessità di espansione del mercato ma è rafforzata in parte dal consumo che ne fanno gli emigrati salentini, per i quali il cibo tradizionale non è un business, ma un modo “per non perdere la memoria”, “per rimanere uguali a se stessi” utilizzando il prodotto della terra d’origine. Del resto un bene di partenza identitario può diventare un affare commerciale e, se ben amministrato, funzionare come valore aggiunto per l’economia locale, o viceversa assumere sentieri perversi che alterano il valore intrinseco del prodotto.
Come sostiene il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini: “recuperare il patrimonio di conoscenze e renderlo attivo e positivo è la più grande innovazione possibile. Dobbiamo rivendicare la modernità dei saperi tradizionali. Permetterebbe di avere un’economia più sana e una società più efficiente”.
Il segreto potrebbe risiedere nel ritornare ad andare più lenti, ad ascoltare, osservare e relazionarsi con il mondo che ci circonda. Non solo, bisognerebbe, come afferma Franco Cassano, imparare a star da sé ed aspettare in silenzio, “ogni tanto essere felici di avere in tasca soltanto le mani”.
Perciò la crescita delle conoscenze e l’innovazione tecnologica dovrebbero avvenire nel rispetto dell’identità del bene che quella comunità e il mercato riconosce loro. Come spiegava Bertrand Russel: “il genere umano deve imparare alcune lezioni, la cui necessità è dovuta al fatto che si è sviluppata la tecnica senza che si sia conosciuta la saggezza”.
Riferimenti bibliografici
Cassano F. (1996), Il pensiero meridiano, Editori Laterza, Roma-Bari.
Petrini C. (2009), “La terra e il senso del limite”, in Valori (Mensile di economia sociale), Società cooperativa Editoriale Etica, Milano, Anno 9, n. 69, p. 3.
Russell B. (1995), Una filosofia per il nostro tempo, Tea, Milano.