Tra passato e presente: essere donna!
In Italia viene uccisa una donna ogni due giorni. Solo nel 2012, 98 è il numero delle donne uccise.
Questo dato tralascia l’escalation dei casi di violenza domestica. L’allarme ha finalmente posto in evidenza la mattanza giornaliera, determinando eventi come “scarpe rosse in piazza” e flash mob internazionali. Eppure, non basta. La festa della donna potrebbe così assurgere a quel ruolo mai pienamente assolto da una convenzione troppo “snobbata” o esageratamente adorata. Tutti, uomini e donne, bambini e bambine, potremmo avere l’onore di riflettere su quello cui assistiamo, come piccoli anelli che compongono la grande società che si appella civile. Per farlo, abbiamo bisogno di conoscere il passato, approfondire quel pezzo di storia considerato dai più noioso, buio e lontano, per approdare al presente più consapevoli e meno vuoti, al di là dei meri parallelismi tra l’oblio che viviamo attualmente e quello trascorso.
Il 1945 viene inteso dai più come l’anno zero del nostro Paese. Nonostante gli aiuti americani, i problemi erano tantissimi, troppi. I cittadini meno abbienti dovevano accontentarsi di una media di 650 calorie su un fabbisogno giornaliero di 2600. Gli italiani si sa, sono considerati abili giocolieri, in particolare nei momenti più bui, così le massaie italiane hanno scoperto la loro abilità nella nuova arte del riciclaggio.
Le rubriche femminili insegnavano a utilizzare la biancheria vecchia per farne di nuova.
“Andava di moda” ritoccare maniche e colli, rovesciare cappotti e giacche per nuovi tailleur. L’assenza di servizi era ovunque una costante. L’indice di affollamento nelle abitazioni cittadine raggiunge la media di 10 persone a vano, sino ad arrivare anche alle 20. Poi, il 1946 diviene l’anno della speranza, quella immensa illusione o sogno di poter ripristinare una sana normalità, perché la voglia di vivere era tanta. Non è un caso, infatti, che proprio in quel periodo nascano le prime balere, la diffusione di spettacoli, intrattenimenti, gare sportive. I cinematografi si vanno ripopolando. In questi luoghi le donne socializzano, offrono loro la possibilità di guardare ad altri modelli femminili.
La guerra aveva modificato totalmente la quotidianità dell’esistenza. Allo stesso modo aveva messo in luce capacità inaspettate. L’impegno delle donne costituisce una formidabile chiave di lettura della natura popolare e solidale della Resistenza, che si colloca oltre la cortina della definizione di Resistenza militare, ma pura ricostruzione della Patria ormai perduta. Emerge la spinta ad essere protagoniste, ad assumersi responsabilità storiche dirette. C’è un nuovo sentimento civile. Durante la guerra cresceva il bisogno di libertà femminile, a causa soprattutto delle nuove responsabilità che quasi tutte le donne avevano dovuto assumersi nel corso del conflitto e della Resistenza. Come ricorda la costituente Nadia Gallico Spano, nel Nord la Resistenza aveva fatto maturare un movimento femminile, organizzato e combattivo, per la costruzione del futuro del paese. Ma già tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento emerge questo tipo di mobilitazione al femminile, la nascita di alcune associazioni quali la Associazione nazionale per la donna, fondata a Roma nel 1897, l’Unione femminile nazionale nata a Milano nel 1899 e il Consiglio nazionale delle donne italiane, nato nel 1903. Il 25 ottobre 1944 l’Unione donne italiane convoca a Roma una riunione “per organizzare una settimana nazionale per il voto alla donne”. Così nasce il Comitato pro‐voto che ha come obiettivo quello di ottenere il riconoscimento del diritto della donna a occupare posti di responsabilità nelle pubbliche amministrazioni, attraverso una vasta opera di propaganda, per l’estensione del diritto di voto ed eleggibilità alla donna. Durante la riunione era stato preparato un opuscolo di appena sedici pagine, Le donne italiane hanno diritto al voto, al fine di spiegare perché fosse giusto e necessario spezzare subito una vecchia tradizione antidemocratica. Le donne avrebbero continuato a chiedere una risposta a loro favore ed esigere dal governo un impegno definitivo. L’opuscolo risponde al quesito sul perché le donne non abbiano conquistato i diritti democratici insieme agli uomini:
A lungo in Italia le donne furono considerate come aventi dei diritti solo attraverso il riconoscimento dei loro doveri come madri.
Alla maggioranza delle donne italiane mancava una coscienza civica, nonostante fossero chiamate a votare per la prima volta. Con il voto, venne così scalfita la netta divisione tra sfere di competenza maschili e femminili con la conseguente esclusione delle donne dalla sfera pubblica, secondo il principio del loro “naturale” compito di mogli e di madri, e in quanto tali, affidate unicamente alla dimensione privata. Per fasce consistenti di italiane la politica restava un qualcosa di lontano, estranea alle loro quotidiane preoccupazioni e desideri. Era un territorio per soli uomini, praticarla o meno sarebbe stato indifferente, almeno per le loro esistenze. Sostenendo la partecipazione femminile si sottolineava il legame profondo tra il benessere della società e quello individuale, richiamando la piena conciliabilità tra i doveri domestici e quelli elettorali. Sull’Avanti!si leggeva: Non per allontanarla dalla casa che è il suo regno, ma persuaderla che per difendere la sua casa essa deve concorrere alla lotta per la democrazia e per il socialismo. Si cercava di contrastare lo stereotipo negativo delle donne in politica, la messa in scena della minaccia costituita dal rovesciamento dei ruoli e della conseguente contravvenzione delle norme morali.
Si dovevano toccare gli abissi dell’orrore e della tragedia perché gli uomini si convincessero a chiedere aiuto delle donne nella società e nella politica. (Sibilla Aleramo)
Fotografare la speranza di giovani donne, uscite dalla tragedia della guerra mondiale, di poter iniziare a vivere una vita di cui essere orgogliose, diviene essenziale al giorno d’oggi. E’ necessario sopprimere lo spirito di guerra tra gli stessi cittadini, superare gli egoismi, rafforzare la consapevolezza di essere portatori di valori e idee, a prescindere dal sesso che la vita ci ha donato.
La natura ha dato alle donne un tale potere che la legge ha giustamente deciso di dargliene poco.
(Samuel Johnson)