TI MANGIO CON GLI OCCHI. Ferdinando Scianna.
Ferdinando Scianna, fotografo, scrittore e giornalista siciliano, ha ricevuto il Premio Kapuscinski per il reportage 2013, nell’ambito del Festival della Letteratura di Viaggio.
Il fotografo è autore del libro Ti mangio con gli occhi, Contrasto DUE, Roma, 2013, una vera e propria esplorazione nei ricordi, i suoi e quelli che appartengono a tutti, perchè la memoria è cosa collettiva. E’ un percorso, una gita a spasso col tempo, facendo proprio il concetto del Faust, “fermati tempo”, attraverso il cibo, in quanto le memorie del gusto diventano verbali e visive, ecco svelato il titolo del libro. Non è un libro di ricette, certo, di quelli che ormai impazzano sugli scaffali delle librerie e custoditi nelle mani di grandi e piccini. Parla di popoli, di sapori, di odori, di storie e di storia, di luoghi, di tradizioni, di volti umani e di sensi, i cinque sensi o forse anche sei. Ha sempre voluto raccontare le cose attorno a lui, quelle che lo appassionano, che non gli piacciono, che lo fanno arrabbiare.
Per me la fotografia che non è racconto non so cosa diavolo sia. Ogni immagine può dire un testo ed è il testo che ha in testa quello che la sta facendo e che poi ci mette quello che la sta guardando. Questo testo a volte affiora. Scrittura e fotografia non si escludono.
Le fotografie devono raccontare qualcosa, perchè quel qualcosa è racconto del mondo. Sono il dettaglio, l’istante significativo e non il tutto. L’accumulo di dettagli crea una storia, la finestra sul mondo.
Il fotografo guarda il mondo e schiaccia il bottone quando gli sembra che quell’istante sia significativo.
La fotografia concettuale o estetica non mi interessa, nel senso che non puoi guardare a una fotografia come guardi un quadro. Perché il quadro è nel talento di chi lo ha fatto, invece la fotografia per quanto straordinaria possa essere è sempre soprattutto il reperto di qualche cosa di reale che in quell’istante era davanti al fotografo. Se no, non avremmo le foto sulle carte d’identità e non avremmo in tasca le foto del proprio figlio, della madre che è morta. Perché sappiamo che sono un pezzo di esistenza.
Quando io vado a fare un reportage in un posto dove non sono mai stato, la prima cosa che faccio è mangiare un fritto da una friggitoria per strada e mi pare che, anche se non riconosco la lingua, se mi metto in bocca il sapore di quello che hanno quelli intorno a me, posso capire meglio.
Nel libro, le foto di Scianna si alternano alla “parola”, porgendoci le sue riflessioni sulla “cultura del mangiare”. Qui e altrove, il cibo viene fotografato in tanti modi, in un excursus non solo gastronomico, ma anche socio-culturale e spazio-temporale, perchè non dimentichiamoci che cibo è vita e “mangiarsi con gli occhi” è uno dei più incantevoli complimenti che si possano fare e ricevere.