Sul trapezio della rinascita
Luci, colori, movimenti di macchina, ritmo.
Scrivere su Kusturica è come tentare di dare una spiegazione razionale ai sentimenti.
Il regista, musicista, scrittore nato a Sarajevo si lascia scrutare, come i suoi film, perché lui è i suoi film. Quando si guarda una sua pellicola, tutto si trasforma in realtà, reali la soffusa luce del Danubio, gli animali, i criminali di guerra, i crocifissi d’oro al collo.
Il regista è estremamente borderline ed è per questo motivo che non possiamo non considerare come emblema del suo essere persona e personaggio assieme, un film in particolare.
Le 2 ore e 9 minuti più odiate e amate della sua filmografia, schiudono l’universo gitano.
Gatto nero, Gatto bianco (1998) è ritenuto da alcuni “una commediola” di scarso spessore rispetto alle sue precedenti pellicole, certamente minore di Underground (1995) Palma d’oro a Cannes. Ma se nuotassimo in un mare più profondo, incontreremmo il filo che avvolge il racconto, quello di un mondo pregno di dicotomie, gli sfruttati e i truffatori, le vittime e i carnefici. Liquidarlo come un semplice film sugli zingari e la loro strampalata vita sarebbe come pugnalare il genio che c’è dietro alla persona/personaggio.
E’ un film delirante, sì. E’ sarcastico e ironico allo stesso tempo ed è come dare una definizione allo stesso Kusturica. Sono due ore di pura allegoria, ma al di là della sfavillante vena esilarante e solo apparentemente a-politica del film, si cela un sottilissimo raggio di sole che illumina la vitalità, la bizzarra esistenza degli yugoslavi post-bellici. Provoca l’emicrania, con la sua musica che per i palati delicati è considerata “ossessiva”. Ma se si svuota quella mente pulsante e ci si lascia trasportare, si rischia di prenotare un biglietto di sola andata per quei posti grottescamente fiabeschi. E’attratto dagli opposti il regista serbo e non è casuale la scelta del titolo. Proprio come il colore dei due felini, i giovani personaggi hanno una naturale inclinazione per la ribellione, contro le leggi degli adulti, perché trovandosi di fronte alla criminalità, restano ingenui, dimostrando che l’ordine del mondo può e deve essere sovvertito, come accade alla fine del film.
La musica non è contorno ma piatto principale, un impasto dolce e salato tra la musica rock, techno, afro-cubana e gitana. E poi, quel presunto morto simboleggia una società ancora imbevuta di rakija e corruzione, un passato un po’ presente ma alla fine è l’amore, la dolcezza, la musica, l’arte e l’amicizia a costituire il vero patrimonio a disposizione della collettività.
Nel marzo del 2005, intervistato dal The Guardian, Emir Kusturica disse:
“ In Serbia molta gente mi odia perché vuole occidentalizzarsi, non capendo che il mondo è bipolare, con cose molto buone e cose molto cattive. Dal momento che non hanno esperienza dell’occidente, credono perfino che un’occidentale ammasso di merda sia realmente una torta”.