S.O.S. clima!
Nel dicembre del 1997, durante la Conferenza COP3 della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, si diede vita al Protocollo di Kyoto. I paesi industrializzati hanno assunto l’impegno di ridurre, entro il 2012, le emissioni di gas serra del 5,2% rispetto al 1990. La mancata ratifica da parte di colossi quali Usa e Russia, hanno vanificato per anni l’accordo. Nel 2004 la Russia ha deciso di ratificare il Protocollo, aiutando a superare finalmente il limite minimo previsto del 55%. Tuttavia, l’assenza di Australia e Usa pesano come macigni sulla vera operatività dell’accordo.
Nel 2011 in Sud Africa, la Conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici ha dato alla luce il c.d. Pacchetto di Durban, nel quale è ben inserito il desiderio di dare il via ad un secondo periodo di impegno sul Protocollo di Kyoto e la creazione del Fondo verde per il clima, grazie al quale i paesi industrializzati si impegnano a distribuire i 100 miliardi di dollari d’assistenza alle nazioni povere entro il 2020. Questo accadeva solo un anno fa.
Il 26 novembre 2012 a Doha, capitale del Qatar, si è tenuta la Conferenza delle N.U. sui mutamenti climatici. I 17mila delegati dei Paesi hanno discusso degli eventuali progressi sulla riduzione delle emissioni di gas-serra e sulla veridicità degli impegni assunti dai singoli governi. All’ordine del giorno, le regole per un Kyoto-bis, i nuovi fondi verdi e il testo per l’accordo globale del 2020.
Qualcosa è cambiato?
Purtroppo i dati sono allarmanti: le emissioni di CO2 sono cresciute su scala globale. L’aumento progressivo della temperatura del pianeta condannerà le nuove generazioni ad un futuro di ondate di calore estreme, scorte alimentari in calo, perdita di ecosistemi e biodiversità, e un aumento del livello del mare incompatibile con la vita. Tutte le parti in gioco avranno una sola parola d’ordine: mantenere la Terra sotto il c.d. tipping point dei 2°C di aumento della temperatura mondiale.
Catasfroti naturali, clima impazzito, estinzioni gigantesche sembrano non aver più forte attinenza con quella che viene chiamata Madre Terra. Forse accanto alla parola catastrofe o tragedia sarebbe opportuno e profondamente vero accostrare la parola “umana”.
Dai potenti della terra ai singoli cittadini che la dimorano, nessuno dovrebbe sentirsi immune da questa contagiosa malattia del menefreghismo ambientale.