Mettiamo A Frutto Il Capitale Umano
È vero. Gli esami, nella vita, non finiscono mai. Occorre essere sempre preparati, a tutto. Se la stessa vita ha costretto alcuni a guardarla in faccia prima del tempo, a curvare la schiena per impossibilità di andare avanti negli studi o per poca voglia di continuarli, allo stesso modo, impone ad altri la necessità di non accasciarsi dopo aver conseguito il sospirato titolo di studio. Non si è ancora liberi. Almeno non del tutto. È indubbio che non si possa ancora respirare il profumo della libertà professionale, ma solo annusarla. Rincorrerla. Così come è impossibile decifrare i segreti dietro i silenzi di tante bocche che vorrebbero condannare, perché, a volte, all’incertezza non c’è mai limite. I desideri inespressi, invece, restano negli abissi della mente. Lì nessuno potrà depredarli. Esame dopo esame si arriva ad un traguardo, ma guardando avanti è chiaro che è solo una tappa. Una delle tante. La vita è come una partita a scacchi. È facile essere nell’angolo. Per uscire e liberarsi occorre anche tattica oltre che intelligenza e conoscenza. Sapere. Ecco perché è strategico investire sul talento dei giovani. Un’istruzione ed una formazione professionale di elevata qualità sono fondamentali per affermare la propria posizione nella società. Bisogna sfruttare al massimo le proprie capacità, ma nello stesso tempo deve esserci un sistema formativo in grado di far incontrare domanda ed offerta di lavoro. Creare le professionalità che servono al mondo delle imprese e alle economie dei territori ben sapendo che oggi sono sempre più evidenti due grandi fattori che hanno cambiato, e di molto, lo scenario di tanti anni fa: le tecnologie e la globalizzazione.
Le tecnologie semplificano ed agevolano tanti processi produttivi e in molti casi riducono la presenza dell’uomo in una determinata funzione o postazione di lavoro. La globalizzazione, invece, ha spostato in altre parti del mondo produzioni e lavorazioni che prima si facevano in Italia e in Europa. Un aspetto della globalizzazione è la delocalizzazione, ovvero aziende che, in base a valutazioni di redditività, competitività, costo del lavoro, decidono di riposizionarsi in altri Paesi. E non è soltanto una questione di costo manifatturiero più basso. Perché tanti Paesi emergenti escono fuori dallo schema anche in termini di conoscenze e di risorse professionali. Un esempio? Eccolo: gli ingegneri. Una professionalità molto ricercata. Ebbene l’India è un Paese che in questi ultimi anni ha formato moltissimi ingegneri e le società inglesi hanno dovuto pescare lì, in India, le professionalità che servivano. Non è errato dire, quindi, che le potenzialità economiche di un Paese sono la conseguenza della formazione professionale. Purchè lo si creda veramente, si investa in questa direzione e si facciano politiche adeguate. Purtroppo è tanto tempo che sentiamo dire che molte nostre Università si sono ridotte a “laurifici”, che ci sono imprese che vorrebbero, ma non trovano all’esterno le competenze tecnico – professionali che cercano, che tra scuola – Università – mondo produttivo manca (o non è sufficientemente consolidato) quel ponte virtuoso che dovrebbe mantenere in comunicazione realtà diverse. Non siamo all’anno zero. Si sono fatti passi avanti. La riforma universitaria dell’ex ministro Maria Stella Gelmini ha riscritto la mappa dei corsi di laurea per evitare che questa fase di studio fosse in molti casi una fabbrica di illusioni. C’è un’attenzione diversa verso forme di accesso per i giovani al mercato del lavoro come l’apprendistato ed i tirocini formativi. C’è tutto un dibattito in corso nel Pese su come aumentare e migliorare le occasioni di ingresso nel mondo del lavoro. L’importante, però, è fare di tutte queste azioni e volontà, un progetto organico e condiviso. Un progetto che al di là degli incentivi, delle riforme, delle modifiche legislative, parta da una consapevolezza naturale. Quella di dare più spazio, più prospettive, più chance di affermazione ai giovani. Perché nessuna società ha futuro se non investe sulla risorsa dei giovani. Che devono essere incoraggiati e aiutati ad essere portatori di innovazione, cambiamento e progresso. È evidente che in questo contesto anche la formazione professionale vada ripensata, riprogrammata e rilanciata. È positivo. Vuol dire che pratiche virtuose sono possibili e che formazione non è sinonimo di sussidi o di un tempo antico, quando la formazione professionale serviva a pagare formatori ed enti di formazione, piuttosto che a creare vere occasioni di inserimento. Segnali buoni si diceva. Infatti Lecce nel 2010 vantava un rispettabilissimo 9° posto nella categoria formazione giovanile stilata dal Sole24Ore nella classifica sulla qualità della vita. Il capoluogo salentino, quindi, si dava da fare per migliorare il livello dei suoi ragazzi, per permettere loro di raggiungere posti accreditati nel mondo del lavoro sulla base della professionalità acquisita con la formazione. L’edizione targata 2011 del bando per la formazione di giovani laureati in Puglia, “Ritorno al Futuro”, vede stanziati 20 milioni di euro per 1.500 potenziali destinatari. L’incentivo fa salire a 11 milioni le risorse complessive già impegnate dalla Regione Puglia su un totale di 340 milioni di euro. In poche parole il bando per la formazione dei giovami laureati offre l’opportunità di seguire master post – universitari organizzati da Atenei pubblici e privati. Di tutto rispetto il valore delle borse di studio. 7.500 euro se i master sono in Puglia o nei territori di Avellino, Benevento, Potenza, Matera e Campobasso. Se le lezioni, invece, si svolgono nel resto d’Italia, i corsisti ricevono 15.000 euro, mentre il valore lievita a 25.000 euro se il master si tiene all’estero. Come dire, i giovani se vogliono continuare con gli esami della propria vita professionale dovrebbero investire su se stessi. Il talento paga sempre. Soprattutto nell’animo, se non si riesce ad ottenere il premio dalla vita.