La valigia sul letto… quella di un lungo viaggio
Un team di ricercatori italo-francesi dell’Istituto di biologia dell’Università di Bologna e quello di Gianna Zei dell’Istituto di genetica molecolare di Pavia, coordinati da Franz Manni del Muséum national d’Histoire naturelle di Parigi, ha pubblicato uno studio sulla rivista americana “Human Biology”. Oggetto dello studio è il fenomeno migratorio della penisola italiana. Attraverso gli elenchi telefonici della popolazione dello Stivale nel 1993, i ricercatori hanno scoperto che “la percentuale delle persone che vivono nelle stesse aree in cui i loro cognomi iniziarono ad essere adoperati secoli fa, nel tardo Medioevo e nel Rinascimento, è estremamente variabile, con cifre che, a seconda della provincia, oscillano all’incirca dal 23 al 78 per cento e le identità regionali raramente corrispondono a quelle autoctone”. Ma c’è una provincia da cui le “valigie di cartone” sono una costante reale: Lecce.
Una terra che nasconde i più puri paradossi, la più esasperata dicotomia esistenziale. Restare o andare, partire per poi ritornare o continuare a essere dei bravi elogiatori, cantautori di una terra perduta, osservata da lontano, città e campagna, mare e ulivi, terra arida e fertile, artigiani e pescatori, artisti e colletti bianchi. La voglia di tornare si scontra con la paura dei cambiamenti, quella terribile sensazione di angoscia che pervade il cervello e congela per attimi il cuore. E con la valigia di cartone si arriva nelle tre grandi città,
Roma, Milano e Torino che rappresentano la meta più ambita nella penisola.
Infatti, lo studio evidenzia come le metropoli siano riuscite nel tempo, nonostante il continuo afflusso di nuovi abitanti, a conservare un nucleo stabile di cognomi. I modelli matematici hanno permesso a menti eccelse di giungere a questo “importante” studio; certo è che forse, sarebbe stato sufficiente entrare nelle metropolitane, nei discount, nelle università dei grandi centri, per analizzare la vera dinamica migratoria del nostro Paese.