Il coraggio di osservare il Salento…oltre la Taranta.
Una donna è spesso punita più per le sue virtù che per i suoi vizi, ha detto una volta qualcuno.
Dimmi come tratti una donna e ti dirò chi sei. Se poi tratti la donna allo stesso modo in cui fuggi dalla realtà, oscurando la visione dell’”obiettivamente vero” per timore o vigliaccheria, allora non ho bisogno di dirti chi sei, preferisco parlare del “cosa”.
Pochissimi giorni fa, la nostra collega, donna, giornalista Lucia Accoto, ha pubblicato un reportage sulla città di Gallipoli www.culturiachannel.it/videos/gallipoli-citta-impopolare/#.UhpW3dbG8Ms.facebook
E su questo, sul diritto/dovere di una giornalista che si spera faccia il suo mestiere, nulla di eclatante da riportare, se fossimo in un Paese diverso dal nostro, in una società lontana dagli stereotipi che “con la cultura non si mangia” e colti dallo spirito virtuoso di cercare il conoscibile per farne tesoro.
In un Paese dove la lettura è considerata perdita di tempo, gesto passivo e noioso, capita spesso un capovolgimento della realtà. Osservarla, studiarla, documentarla è pericoloso. Quando fa comodo, le parole sono anime fluttuanti e inconsistenti, eterei oggetti in movimento privi di consistenza. In alti casi, sono talmente taglienti, che accoltellano il nemico fino alla sua metaforica morte cerebrale. Ci sono coloro i quali, alla stregua di chi compra il “macchinone” per rimpiazzare doti poco evolute, credono di poter esercitare la propria virilità greca, la propria potenza sporca di corruzione e viltà, con attacchi personali, con minacce che profumano di arcaica prepotenza tutta italica di trattare le donne come bestie in calore da cavalcare, con o senza il loro consenso. Sbaglia chi dice che gli italiani sanno fare poco o niente. Una cosa la sappiamo fare in maniera egregia: lamentarci. Siamo cori da stadio, tifosi in ogni campo della vita. Potremmo uccidere per un rigore sbagliato ma restare ammutoliti se un uomo o una donna che siano, lavorando con dignità, elevati dalla formula sapere per non ripetere, conoscere per cambiare, vengono minacciati.
Di certo la Accoto non è la prima a cui accade ciò. Saviano, è l’emblema e portavoce di questo orrore.
Mi è capitato di leggere altri articoli sul nostro Salento, umoristici, blasonati, sarcastici, noiosi; eppure tutti hanno colto almeno una parte delle criticità di quella terra di cui si conosce o si vuol far conoscere solo lo slogan. Da salentina doc che ha scelto di ritornare nella sua terra tanto amata e tanto odiata, disprezzo coloro che del campanilismo fanno una bandiera. Questo spirito da terroni pronti a imbracciare armi metaforiche per salvaguardare le bellezze che possiamo offrire, per recuperare punti sui nordi-isti nei mesi estivi, poveri sfigati dal culto del lavoro ma che in vacanza vengono da noi.
Ci piace crogiolarci, immergerci nell’acqua dell’invidia altrui. Non vediamo l’ora di invitare qualche sconosciuto a trascorrere qualche giorno da noi, mentre intanto una luce celestiale ci dipinge il volto, come i santi protettori del turismo per eccellenza. Vogliamo sentirci dire quanto è buono il caffè in ghiaccio con latte di mardorla, perché se non lo sai fare sei pure uno sfigato, financo forgiarci della cultura di musiche popolari e canti della tradizione, aspettando il morso del ragno per dimenarci come degli assatanati nelle mille sagre, ma ignorando la storia, quella vera, appena la festa è finita e la luce dei riflettori della gloria eterna su di noi si spegne.
Eppure, togliendo quell’ismo pericoloso alla parola, pulendo le storpiature, si può scorgere un amore per la propria terra viscerale, profondo, che sa tanto di coraggio e di lealtà. E’ con questi due valori che dovremmo crescere, se non vogliamo essere ricordati solo nei mesi estivi o per gli spauracchi di qualche imbecille. Certo, ci vuole coraggio a restare. Se i salentini smettessero di considerarsi stupidi o privilegiati, se iniziassimo tutti a fare i conti con la realtà, le criticità che dilaniano un territorio meraviglioso, se la paura ci risucchia in un vortice dal quale non possiamo più uscire, perché occhi non vedono e cuore non duole, allora forse, un giorno, potremmo davvero rendere questa Terra illuminata dal sole, baciata dal mare e sfiorata dai venti, un posto nel quale vivere, nel quale tornare, restare e vivere, senza se e senza me, senza minacce, senza violenze.