È colpa mia
Nella sua breve ma fortunata (r)esistenza sul mercato, UP! Il Magazine ha sempre ospitato una frase in copertina che raccogliesse il succo dei temi trattati all’interno in 2 righe …2!
In questo numero, le parole simbolo sono quelle d’apertura “E’ colpa mia se siamo diventati indifferenti più poveri più tristi e meno intelligenti…” e di chiusura “figlio mio ci pensi, un giorno tutto questo sarà tuo” tratte dall’omonima canzone del Teatro degli Orrori. Ciò che volesse intendere Pierpaolo Capovilla frontman del gruppo è ben descritto in uno stralcio dell’intervista che segue, concessa a Gianluca Lambiase ed edita nel suo blog.
Tuttavia, mi son parse perfettamente aderenti al tema del conflitto balcanico del quale ci interessiamo in questo numero, conflitto al quale il mondo colpevolmente assistette senza muovere un dito. Conoscere il Capovilla-pensiero mi è poi sembrato il giusto tributo ad un’artista e un uomo fra i pochi a dire delle cose sensate e veramente UP! secondo il mio punto di vista (ovviamente). Motivo per il quale, ho voluto raccoglierlo in 3 pagine dense di stralci presi qua e là nel web in ordine sparso. UP! è una rivista per chi non và di fretta e dunque troverà gradevole (lo spero) leggere un pensiero libero e semmai approfondirne la conoscenza anche attraverso l’ascolto dei tre album editi di questa intrigante band italiana.
“E’ colpa mia” è la canzone dell’album “A Sangue Freddo” a cui sono più affezionato perché è quella più autobiografica. E’ il mio fallimento, il fallimento della mia generazione. Quando avevo vent’anni non mi sarei mai aspettato che il paese sarebbe diventato così brutto, egoista ed ignorante com’è oggi. Che cos’è accaduto nella società civile, in particolare in questo paese, è una domanda a cui non so rispondere. Forse una cosa però posso dirla e cioè che personalmente sono stato disattento e non mi sono preoccupato a sufficienza di cosa accadeva intorno a me. Io come altri milioni di individui siamo stati disattenti. Abbiamo perso la voglia, l’esigenza, di essere vigili nei confronti della società, della politica. Oggi il paese è in mano ad una cricca di post-fascisti che hanno seminato discordia nel paese per vent’anni e adesso stanno raccogliendo i terribili frutti della loro politica. Dunque “è colpa mia” indubbiamente perché avrei potuto fare qualcosa di più. Bisogna prendere posizione e soprattutto deve essere netta. Ciò non significa iscriversi ad un partito piuttosto che ad un altro. Il punto è che non possiamo più voltare lo sguardo dall’altra parte di fronte agli abusi. La politica è troppo importante per lasciarla in mano ai politici, specie nel nostro paese. Dobbiamo essere noi, società civile, a vigilare sulla democrazia delle istituzioni e della vita del paese. Noi nel nostro piccolo cerchiamo di farlo. Io ho questo grande privilegio di salire sul palcoscenico e di poter interloquire con così tante persone ed il mio ruolo di cantante del Teatro degli Orrori lo interpreto in maniera politica. Noi siamo qui per cambiarla la società, non per lasciarla così com’è. Dobbiamo dare un futuro ai nostri figli e lo avranno quant’è vero iddio.
PIERPAOLO CAPOVILLA IN PILLOLE
Sanremo. “Non ho seguito Sanremo e non lo seguirò mai. Mi fa schifo. Trovo ributtante il sottofondo, il substrato culturale che genera fenomeni evenemenziali come quello di Sanremo. Mi chiesero in Rai se un giorno avessi mai partecipato a Sanremo; ho detto sì, ma come direttore artistico. Ci sarebbero tutti quelli che hanno qualcosa da dire. Quelli che non hanno niente da dire, che si sono arricchiti con il nulla delle loro canzoni, li lascerei a casa volentieri.”
La televisione. “La televisione non aiuta ad attivare il cervello per combattere nessun tipo di crisi. La televisione va spenta e basta. Io l’ho spenta vent’anni fa. Ho cambiato casa circa quattro anni fa a Venezia, piano piano siamo riusciti, io e la mia compagna, a comprare un appartamentino. Adesso ci siamo rovinati con un mutuo che non finirà mai. La prima cosa che abbiamo fatto insieme? Abbiamo proprio sradicato il cavo della televisione dal muro. Noi la televisione non la guardiamo mai. La televisione ci avvelena. Tu la elimini e ti togli dalle palle con un colpo solo Berlusconi, tutti i suoi ascari, la Lega Nord, i talk show stupidi, i programmi protopornografici di Canale 5, Rete 4, La Russa.. insomma tutta quella merda, tutti quei ciarloni che vomitano sentenze contro tutto e tutti senza capire ciò di cui parlano. Così facendo, una volta che non hai la tv, e magari stai attento a non usare troppo internet, perché non è buono neanche quello, forse trovi il tempo per aprire un buon libro”
Gli altri. “Io mi guardo intorno e cerco di raccontare la vita degli altri. Però la vita degli altri è anche la mia, il mio cervello è la società, io vivo in questa società e ne vengo ininterrottamente influenzato. Non voglio farmi eterodirigere dagli altri, quindi per evitare l’eterodirezione cerco me stesso, cerco di essere cosciente del mio ruolo nel mondo. Ma appunto qual è il mio ruolo in questa società? E’ quello di raccontare la vita delle persone che vivono intorno a me. Cos’è che dico in quella canzone – io non posso fare a meno di voi, amori degli uomini del mondo (Skopje, ndA)- io ho bisogno dell’amore degli altri altrimenti il mio diventerebbe un semplice desiderio solipsistico ed autoreferenziale. Le cose funzionano quando vengono condivise, se non vengono condivise è come se non esistessero!”
“Siamo tutti uguali. Noi narriamo la figura del migrante ma in realtà narriamo noi. Noi non siamo cittadini solo di questo paese, l’Italia non è che un sottoinsieme. Un sottoinsieme dell’Europa, l’Europa è un sottoinsieme del mondo, il mondo è un sottoinsieme del sistema solare, il sistema solare è un sottoinsieme della Via Lattea, la Via Lattea dell’Universo. Potremmo arrivare a Dio o alla teoria delle stringhe. E’ inutile affezionarci così tanto al sottoinsieme. Noi siamo cittadini del mondo, il migrante è anch’esso cittadino, o cittadina, del mondo ed è uguale a noi, cioè gode degli stessi diritti e doveri di quelli che godo io. Ecco perché va combattuta questa battaglia di dare il diritto di voto ai migranti che vivono nel nostro paese, pagano le tasse e contribuiscono al bene collettivo, bisogna soprattutto dare la cittadinanza a chi nasce qui, superare definitivamente lo ius persona ed approdare ad un ius soli vero e che abbia un senso. Io sono completamente conquistato dall’idea che la società del futuro debba essere multietnica e pluriculturale, che cazzo me ne faccio della mia identità nazionale? Niente!”
Violenza e indifferenza. “Sono tutte storie vere, di persone che ho conosciuto. Ce n’è una di fantasia che ho scritto con un mio caro amico, Marco Catone: si intitola “Adrian”. Abbiamo immaginato un sicario serbo, del mondo slavo, che negli ultimi venti anni ha vissuto le guerre civili e si è quasi affezionato alla violenza. Loro conoscono la violenza meglio di come io conosco le mie passioni. La violenza è una brutta bestia. Quella è l’unica canzone che è puro frutto di immaginazione e fantasia. Tutte le altre si riferiscono a fatti realmente accaduti ed a fatti di cronaca: una su tutte “Ion”. Secondo me è il cuore narrativo del disco, la terribile vicenda di Ion è il simbolo di un paese che ha perso la bussola, quello non è un atto di follia – cospargere un uomo di benzina e dargli fuoco -, lì si sono anteposti gli egoismi quotidiani miserabili al valore della vita di un uomo. La tragedia di Ion è lo specchio dell’Italia dell’oggi. E’ un simbolo terrificante di quanto brutto possa diventare il paese se non facciamo qualcosa.”
I migranti. “Pensa che noi abbiamo dedicato un disco ai migranti, il migrante in Italia è stato narrato come portatore di violenza e disagio, di stupri! La statistica è una disciplina noiosa, io i numeri li ho sempre trovati noiosi, ma cosa ci dice? Il primo motivo di morte delle donne italiane sotto i 30 anni è la violenza domestica, non è lo stupro del branco. E’ il marito, l’ex marito o l’ex partner che si sente ferito perché lei è andata con un altro, allora ti uccido, mi prendo la tua vita, mi hai fatto un torto troppo grave! Il primo motivo di morte del giovane italiano sotto i 30 anni è l’incidente stradale. Ci bastano due dati per capire a cosa è arrivato il paese. Noi pensiamo al migrante come portatore di disagio e violenza, a noi italiani che siamo il popolo tradizionalmente di migranti: decine di milioni sono andati in un’altra parte del mondo per rifarsi una biografia, in Australia, negli Stati Uniti, in Sud America, in Belgio, in Francia, dappertutto! E ce ne siamo dimenticati. Disagio e violenza a noi italiani che abbiamo le tre organizzazioni criminali più grandi del mondo. Quella è gente che fascistissimamente calpesta i diritti di tutto e di tutti senza preoccuparsi di niente. E’ la camorra, la ‘ndrangheta e la mafia. Pensiamoci. Proviamo a guardarci allo specchio e pensare ai veri problemi del paese. Il vero problema è il multiculturalismo, l’interneticità della società italiana o sono le tre grandi mafie?”
Cittadini-Consumatori. “L’istruzione pubblica nel nostro paese è stata vilipesa, negli ultimi trent’anni ad ogni finanziaria si sono tolte risorse all’istruzione pubblica per donarle a quella privata. Il livello dell’istruzione pubblica si è abbassato vertiginosamente. La televisione non ci parla mai della nostra storia ma sempre e soltanto di un eterno, interminabile, insopportabile, continuo e reteirato presente. Non c’è più nè il passato nè il futuro, è naturale che vogliamo vivere nel presente, c’è un super-io che domina i nostri desideri. Godi, godi, godi! Noi veniamo al mondo per godere. Io non son mica d’accordo, sai. Io mi penso, penso a me stesso, penso che sono venuto al mondo per sacrificarmi, per darmi da fare. Che cazzo me ne frega a me di godere dal mattino alla sera, non è questo il modo in cui voglio spendere la mia vita. Voglio che la mia vita sia un qualcosa di degno, voglio lasciare un segno più, non un segno meno o nessun segno. E’ ancora peggio sì. Lo ripeterò fino alla nausea, in questo paese c’è da fare una battaglia molto seria e molto profonda sul campo dell’istruzione pubblica. E’ con l’istruzione che si fanno i cittadini e non i consumatori. Noi siamo diventati consumatori, dobbiamo capire il senso democratico della cittadinanza, io sono fiducioso.”
Il downloading. “il futuro è nero per l’industria discografica. Io non me la sento di prendermela con il downloading illegale e selvaggio, tutto sommato non è che una possibile autodifesa nei confronti della pauperizzazione che c’è nella società, nella famiglia oggi. Se tua madre fa la casalinga e tuo padre l’operaio, e devono mantenere due figli con.. 1200, 1300 euro al mese? Non può avere i soldi da darti per comprarti i dischi, ma neanche per andare al cinema. Bisogna economizzare. Il downloading sta a dire: quello che non mi posso prendere perché non ho i soldi me lo prendo gratuitamente dalla rete, perché la rete è lì e mette a disposizione con il peer to peer, con il file sharing, milioni di contenuti diversi. Cosa c’è di più democratico della gratuità? Non mi viene in mente niente di più bello. Credo anche che il problema grosso per quanto riguarda il mercato discografico e il diritto d’autore sia il problema riguardo le grandi multinazionali del disco che non hanno saputo affrontare la postmodernità in cui viviamo. Non hanno avuto idee e soprattutto – dico io – continuano a stampare dischi inutili ed a spendere tantissimi soldi per promuoverli. La qualità paga! Noi non vendiamo moltissimi dischi, ma li vendiamo. Quando è uscito il nostro disco, il giorno stesso l’abbiamo messo in sharing. Chi lo vuole comprare lo farà, e sono convinto che lo farà per amore, per affetto nei confronti del nostro lavoro. Chi compra il disco riconosce che l’artista ha fatto qualcosa di valido. Se quel qualcosa è la solita canzonetta mordi e fuggi, te la prenderai gratis. Io downloado tutto ciò che posso, lo faccio per ampliare la mia cultura ogni giorno. Quello che mi piace veramente lo compro. Lo compro perché lo voglio ascoltare bene. Ho un buon impianto stereo a casa, sono un amante dell’hi-fi. Prima ho scaricato tutto Scott Walker, poi ho comprato i dischi, ne ho comprati 14. Li ho comprati su Amazon, ho speso pochissimo. Ecco il problema del negozio. Nel momento di crisi sociale, di pauperizzazione, di forte divaricazione, è chiaro che il disco, che è un fatto non soltanto culturale ma spesso anche di semplice godimento estemporaneo, paga il prezzo della povertà sociale. Una volta, caro mio, si facevano le tournéé per promuovere i dischi ed agli artisti piovevano i soldi addosso. Oggi invece fai un disco per fare una tournéé. A me questa cosa, ti dico la verità, lo dico con ironia, mica mi spiace. Mi costringe a stare con i piedi per terra, a lavorare dalla mattina alla sera per portare a casa la pagnotta, anch’io come fanno tutti gli altri. E’ giusto così.”
Equo. “Sì, guarda, provo un naturale sentimento di disprezzo verso la ricchezza, il suo eccesso e le sue manifestazioni. Mi fanno schifo i SUV, gli yacht, i televisori di 500 pollici appesi al muro. Mi fa schifo quella roba. Amo la letteratura e la grande poesia, mi arricchisce e mi fa sentire al divino. La poesia è simile alla preghiera, contiene un contenuto consolatorio molto vicino alla fede.
Le trovo intollerabili. In un momento in cui dovremmo preoccuparci del pianeta, del nostro ecosistema, chi compra una macchina da 3500 centimetri cubici di cilindrata per fare il bello.. perché tu non compri mica il mezzo di locomozione, tu compri lo spettacolo, come ci insegnava Guy Debord. L’avete mai letto? Io ve lo consiglio col cuore: “La società dello spettacolo”, 1964 se ricordo bene. Sfortunato filosofo morto suicida, alcolizzato. Fu un grande innovatore del marxismo, aveva capito benissimo che il grado di sviluppo della merce, il più grande ed alto grado di sviluppo del feticismo che noi imponiamo sulla merce, lo individuiamo nello spettacolo. Io quando compro un automobile non compro il mezzo di locomozione, compro lo spettacolo. Dentro lo spettacolo ci metto me stesso e contemporaneamente allo spettacolo io faccio di me stesso merce, mi sono – compiacendomi dei miei denari – ridotto a merce. Mi sono autoreificato, non ho compreso il mondo. Se io vado in giro con un SUV per le strade di Milano, magari macchiato, quello di Lapo Elkann mi pare che è riconoscibilissimo,vuol dire che non ho capito un cazzo di come va la società.”