Avventure Urbane
“…la protagonista, neolaureata in architettura, parte alla scoperta di “nuovo mondo”, armata di grande entusiasmo e ingenuità va a Londra dove vede all’opera una strumentazione (chiamata Planning for Real) capace di far partecipare gli abitanti al grande gioco di progettare il proprio territorio. Decide che non è possibile che in Italia non si adottino questi strumenti di maggiore democrazia. Tornata nella sua città, Torino, tutti gli interlocutori ai quali si rivolge le rispondono: “In Italia la gente è diversa, non siamo in Inghilterra, il nostro sistema politico è troppo diverso, da noi la progettazione partecipata non si può fare”. Ma lei è testarda e persiste, e in effetti nel giro di pochi mesi riesce a trovare un professore di urbanistica e un sindaco che le danno fiducia e a mettere insieme un folto gruppo di giovani architetti, designer e progettisti (ventisette, per la precisione) ingenui ed entusiasti quanto lei con i quali mette a punto la prima, grandiosa esperienza”.
Così ha inizio l’interessante narrazione oggetto del libro “Avventure Urbane” della Sclavi, esempio d’attuazione dell’idea di come la pubblica amministrazione possa coinvolgere gli abitanti nella progettazione degli spazi urbani in cui risiedono e/o lavorano. Estranea alla tradizione culturale e politica italiana, la logica è di matrice culturale e politica anglosassone. Quest’idea di progettazione partecipata – racconta l’autrice – presuppone una concezione dei rapporti fra società civile, potere politico e ruolo dell’amministrazione pubblica praticamente rovesciata rispetto a quella che è stata vigente e dominante nel nostro Pese e nell’Europa occidentale nel secolo scorso.
Il testo racconta della nascita e crescita di Avventura Urbana, associazione di progettazione partecipata fondata da Iolanda Romano, allora giovane neolaureata in architettura, che con la sua intuizione e passione precede di pochi anni i programmi URBAN della Comunità Europea, logica comunitaria che prevede il risanamento delle aree e dei quartieri in crisi con la promozione di forme di auto-organizzazione della società civile e la partecipazione degli abitanti alla progettazione delle attività di riqualificazione.
Nel libro si rendono note le dimensioni dell’agire pubblico che una equipe di progettazione partecipata, dotata di una adeguata metodologia, può promuovere e che invece sono inibite o precluse tanto all’agire amministrativo che alla tradizionale mobilitazione politica.